Bibliografia
1986
 
«torna indietro
ti trovi in:
1986

da "La Repubblica"
da "La Repubblica"

Che lezione di musica dal “vecchio” Bergonzi
A Busseto “Luisa Miller” di Verdi con i vincitori del concorso protagonista maschile l’intramontabile tenore emiliano

di: Angelo Foletto
sabato 12 luglio 1986
 
BUSSETO — Quando le sere, al placido chiarore d’un cielo stellato canta Carlo Bergonzi, in quel natio suo borgo di verdiana familiarità, anche i rondoni cessano di imperversare e il pubblico sta col fiato sospeso.
Classe 1924, da più di trentacinque anni in carriera, Bergonzi entra in scena senza quasi farsi notare. Il costume di Rodolfo sembra quello di sempre: «Mia diletta...», inizia a cantare ed è quasi da non crederci. Bergonzi è ancora Bergonzi.
Rispetto a certi esempi di longevità vocale sostenuta a forza di cerotti e di compromessi respiratori, il tenore Bergonzi canta come una volta.
La constatazione basta: meriti del suo modo caratteristicamente verdiano (un aggettivo spesso inflazionato ai tempi di Bergonzi e di Leontyn Price: oggi ci accontentiamo di surrogati) fanno parte della storia recente dell’interpretazione, inutile ritornarci su.
Eppure ogni volta, l’autentico accento verdiano, la facoltà intatta di segnare ogni nota con un’intenzione, ogni parola e ogni fraseggio in modo da esprimere «prima» di cantare, colpiscono.
Bergonzi offre una lezione di musica che non avremmo mai sperato di poter riascoltare cosi in salute.
Anzi per certi versi il suo Rodolfo ha acquistato maggior caratura di personaggio; centro dell’indimenticabile serata la più estatica aria tenorile di Verdi. Bergonzi s’è avventato sul recitativo di introduzione con l’atteggiamento di chi vuole stupire: c’è riuscito pienamente, scolpendo quell’episodio d’avvio quindi distendendosi nell’aria vera e propria, inarcandosi dolorosamente nel ritornellante «ah, mi tradia!», esibendo mezze voci oneste di colore e perfino spudoratezza nel far risuonare i versi del Cammarano come se fossero divina poesia.
Con quella personalità e quel canto ci mancava poco.
La nuova produzione di Luisa Miller, allestita al «Teatro Giuseppe Verdi», cioè in piazza di Busseto, prescelta per offrire allenamento e debutto ai laureati del 20esimo Concorso Voci Verdiane in collaborazione con Teatro Regio di Parma per l’allestimento. L’operazione, mono-nucleare all’attività dell’Accademia verdiana Carlo Bergonzi che svolge veri corsi di perfezionamento a livello garantito dall’intestatario, intende offrire ai giovani cantanti l’opportunità di lavorare con tempi e preparazione che rimarranno un pallido ricordo al momento d’essere in carriera.
L’impostazione Concorso-Corso non è più una rarità, ma l’avere Bergonzi a disposizione per cantare tutte le parti e ripassarle, oltre a non provocare danni allo stesso docente come s’è potuto appurare, rappresenta di per sé una novità.
E i risultati si notavano: i cantanti protagonisti con lui hanno figurato ottimamente ed era interessante avvertire il peso omogeneizzante della lezione del loro maturo collega nell’impostazione naturale e subito seducente del canto.
Il verdianissimo Giancarlo Pasquetto (Miller) ha cantato con una consapevolezza musicale e scenica veramente di classe; crescendo, seppure questa opera non sia parsa sempre adatta alle sue qualità, il ventiduenne basso Michele Pertusi (il conte di Walter, nella finzione padre del sessantaduenne Bergonzi); voce importante e da non perdere di vista quella di Sofia Salazar (Federica); Gilberto Zanellato, Grazia Maria Passigli e Andrea Trabucchi completavano la distribuzione, affidata al piglio deciso e pure molto vellutato di Angelo Campori. Protagonista Cristina Rubin, soprano non nuovo anche se messo a confronto con un personaggio molto difficile e non sempre comodo. La Rubin, forte di una tecnica impeccabile ed un temperamento determinato quando non dotata di un volume di voce per l’aperto e per certi concertati, è partita senza strafare, crescendo atto dopo atto, regalando a Luisa una dose di lirismo suadente e venature patetiche innervate tuttavia da bella intensità drammatica.
L’applauditissima Luisa Miller bussetana s’è giovata d’uno spettacolo nitido di Filippo Crivelli, egregiamente servito dall’agile ed elegante impianto scenico di Carlo Savi che ha preso spunto dal Tirolo del libretto per un contenitore tutto di legno al naturale, giocato su astuti e pochi elementi mobili. La giornata bussetana era stata impegnata in precedenza a dibattere sul futuro delle giovani voci e di quella verdiane in particolare.
Il lavoro di Busseto va considerato come buono, con tante altri consimili: niente da obiettare. Forse però per poter strappare i giovani talenti dalle grinfie tritatutto dei (pochi) teatri disposti a lanciarli, bisognerebbe che iniziative del genere fossero non un isolato punto di arrivo ma nucleo di partenza per un radicale ripensamento della preparazione dei professionisti della voce di domani.
 


Data di creazione: 31/03/2005
Data di modifica: 31/03/2005
versione stampabile
    Home | Biografia | Fotogallery | Discografia | Repertorio | Bibliografia | Premi | Accademia Verdiana "Carlo Bergonzi" |

    © copyright 2005 - tutti i diritti riservati -
    web design LTT