dalla "Gazzetta di Parma"

Una festa per Bergonzi

di: Mara Pedrabissi
21 marzo 2005

 
Il pretesto sono gli 80 anni di Carlo Bergonzi. Che, in verità, son quasi 81. Ma poco importa. Semplicemente l'associazione «Gli Amici di Verdi» e, per estensione, tutta la comunità di Busseto, hanno voluto «dare un titolo» alla voglia di stringersi intorno al «miglior tenore verdiano del secolo», nato - guarda caso - in una frazioncina alla porte di Busseto. Da questa voglia di abbracciare l'amico prima ancora che il tenore, è sbocciata la bella festa, «Gloriosamente Ottantenne», che ieri ha riempito di amore e luce il Teatro Verdi. Come in ogni compleanno che si rispetti al festeggiato va un dono: cosí a Bergonzi gli organizzatori han voluto consegnare un sito web: l'indirizzo è www.carlobergonzi.it e sarà online a giorni. E, ancora, c'è stata la classica sorpresa: in apertura di cerimonia si è materializzato sul palcoscenico un altro eterno giovane del regno delle sette note: il direttore Georges Pretre, reduce dal concerto di sabato, che, porgendo elegantemente un mazzo di rose rosse, ha fatto per primo gli auguri al collega. «Buon anniversario - ha detto sornione Pretre nel suo charmant italofrancese - per i tuoi quattro volte vent'anni » . E il tenore ha asciugato con un candido fazzoletto la «furtiva lacrima». Si badi, non solo commozione. Musica, bel canto, aneddoti, ricordi e risate si sono alternati (solleticati dai sapienti pungoli di Gian Paolo Minardi, Gustavo Marchesi, Giorgio Gualerzi, Umberto Bonafini e Bruno Amaducci) in un clima di festeggiamenti in famiglia, come quando nelle feste d'inverno si tira tardi a parlare, davanti a un fuoco acceso e con un bicchiere di vino tra le mani. La grande « famiglia » degli amici di Bergonzi c'era tutta, come ha voluto ricordare, nel suo «benvenuto» al pubblico, Maurizio Marchetti presidente degli «Amici di Verdi» : dal sindaco Luca Laurini alla famiglia Carrara Verdi a Gianfranco Stefanini solo per citare qualche nome. Tra il pubblico anche una fan speciale, la signora Adele che - per dirla con Marchetti - «in tutti questi anni accanto a Bergonzi ha sopportato tensioni che solo una moglie forte e paziente può tollerare» . Ma, a sentir certi racconti, si comprende come a un artista tutto (o quasi) si perdoni. Bergonzi, seduto tra i cinque amici, regala ampi stralci della sua storia che, inevitabilmente, coincide con la storia della lirica. Ripercorre gli inizi da baritono «mancato»; snocciola i nomi dei «maestri» ai quali ha chiesto consigli circa la corretta respirazione (ci sono Gigli, Pertile, Schipa e Tagliavini). A un tratto Gualerzi gli fa notare che, forse, La Scala di Milano non lo ha «valorizzato» come avrebbe potuto o come hanno fatto altri teatri a partire dal Metropolitan. «E' vero» ammette Bergonzi senza tradire amarezza. E sullo schermo parte la registrazione di «Ma se m'è forza perderti» (da «Un ballo in maschera» eseguito a Lugano nel 1981) che si porta via ogni ombra.  

 


Data di creazione: 31/03/2005
Data di modifica: 20/08/2005