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Con Carlo Bergonzi il Teatro di Busseto diventa accademia stabile di canto

Verdi e il suo umile profeta

A 73 anni il grande tenore canta ancora con stile inarrivabile. Requiem in piazza. Una scuola internazionale

 

di: Lorenzo Arruga

Mercoledì 27 agosto 1997

 

BUSSETO - Non so che cosa sia importante per voi; per me, almeno per quanto riguarda la vita artistica, musicale, culturale e sociale, cioè la vita, è stata molto importante la serata di Busseto, qui, sulla piazza Verdi gremita, con la «Messa di Requiem» cantata da Carlo Bergonzi e da tre suoi allievi, con il coro e l’orchestra «Toscanini» diretti da Romano Gandolfi. Importante perché un grande interprete, che a 73 anni, 50 dei quali passati in una carriera gloriosa, sfida il pubblico nella propria città, presentandosi in una condizione così felice, è un avvenimento molto confortante; e ascoltare come la lunga comprensione della parola e del canto di Verdi possano sfociare in un momento toccante come per esempio l’«Ingemisco», è una realtà che fa pensare che anche la buona coscienza, lo studio e l’esperienza, uniti al talento, possano portare verso la perfezione, e, più ancora, verso una verità senza aggettivi.

Poi, è una serata importante perché da l’avvio a una iniziativa nuova e significativa nella patria di Verdi: la scuola di canto che Bergonzi dirige diventa stabile, e per parecchi mesi darà vita al teatro del luogo: il che vuoi dire, per la gente di qui e per i turisti, trasformare la memoria culturale in realtà operante. Cosa che si spera sempre che accada dovunque, e che in Italia non accade quasi mai, e anche altrove non accade molto spesso.

Poi, era molto interessante e di spicco il fatto che l’orchestra e il coro, che sono quelli della regione emiliana, cantassero e suonassero con tanta consapevolezza. La presenza sul podio per anni di Gianandrea Gavazzeni, il compianto grande maestro, certo ha lasciato come un’onda di vitalità, di curiosità, di amore per la ricerca e la cultura, e anche per la musica come gesto primario e naturale. Il fatto poi che le nuove leve siano così sorprendentemente preparate ed entusiaste è un fatto che non va trascurato; un’occasione storica preziosa, in tutt’Italia, da afferrare assolutamente, pena il rovesciamento delle condizioni verso, una crisi di cui poi non finiremo mai di lamentarci. Inoltre è gratificante per tutti avvertire che i cantanti ben preparati portano a un risultato eccellente. Certo, il soprano Jean-Soeun Serenelli parte da un paese lontano, nella garbata e inquieta partecipazione alla passione verdiana, e non avrebbe nella sua natura il tipo di vocalità richiesto; ma ci fa partecipare con emozione. E così anche il basso Un-Boung Ro non ha l’autorità potente di un cantore della stupefazione della morte di fronte al giudizio universale; però ha dalla sua la perspicuità della dizione, la musicalità bella, il timbro suadente, e, beato lui, la giovinezza. Patrizia Patelmo, il mezzosoprano, è la voce che ha maggior congenialità per il Requiem verdiano; la sua è una voce ancora in formazione, ma

 


Data di creazione: 02/04/2005
Data di modifica: 03/04/2005
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