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Carlo Bergonzi, da qualche anno, va trasmettendo ai giovani dell’Accademia la sua disciplina, la sua tecnica, la ricerca dell’espressione giusta

L’arte del canto

 

Sabato 25 giugno 1988

 

BISOGNAVA vederlo, nel Salone Barezzi, insegnare agli allievi della «sua» Accademia il Quartetto del Rigoletto (la finestra aperta sulla Piazza, in faccia a Verdi, ascoltatore di riguardo), fare via via le parti del Duca di Mantova, di Maddalena, di Gilda, del Gobbo, con quella gioia piena di cantare, quella intonazione miracolosa, quel fraseggio inconfondibile, quei tempi e quei ritmi esatti, incalzanti, di chi ha tutta l’opera in testa, uno spettacolo unico per i pochissimi fortunati che potevano assistervi, entusiasmante, forse meglio della recita pubblica, in piazza, coi titolari dei diversi ruoli, le scene, i costumi e lui dietro le quinte, a sorvegliarli e ad incoraggiarli. E bisognava vederlo sul palcoscenico, nella Luisa Miller del 1986, dominare spavaldamente i bravi giovani da lui preparati anche quella volta, vincitori del Concorso per Voci Verdiane di cui è presidente: a 62 anni suonati, il Bergonzi di vent’anni prima, carico di ottimismo e traboccante di energia, scattante, appassionato, perfino troppo coraggiosamente impetuoso, quasi a togliere dubbi sui dati anagrafici dell’ardente Rodolfo (che ha un padre, in scena, di 22 anni, mal celati dalla finta canizie) ma ben vigile a governarli, come lui solo sa, quegli accenti perentori con tutta la dura disciplina, lungo la recita, delle ardue mezzevoci, dei perigliosi passaggi nel registro alto, dei fiati lunghi o rubati, delle scandite «parole sceniche». E gli acuti svettanti, di un’improntitudine quasi provocatoria.

Quella disciplina, quella tecnica di canto, quella ricerca dell’espressione giusta che Carlo Bergonzi, da qualche anno, va trasmettendo ai giovani dell’Accademia perché durino al servizio dell’arte, se è possibile, quanto ha durato lui. Un’iniziativa utilissima in questa patria del canto e del melodramma dove di scuole di perfezionamento ce ne sono ben poche e ben poco qualificate.

Era da tempo che si pensava di dare uno sbocco professionale ai giovani che partecipavano a Busseto al prestigioso Concorso Internazionale per Voci Verdiane «Alessandro e Maria Ziliani» perché non restassero dei premiati senz’arte né parte, ma il Comune non poteva sostenere certamente una spesa adeguata a dare rigore, serietà e continuità all’iniziativa. Così ci pensò la Fondazione Maria Mezzanzana Ziliani, dopo la scomparsa della signora, e per onorarne la memoria, a offrire alla cittadinanza di Busseto e al Comune questa Accademia di Canto che non poteva essere diretta che da Carlo Bergonzi.

La nascita ufficiale di questa istituzione, la cui frequenza è ormai meta ambitissima dei giovani cantanti di tutto il mondo che partecipano al Concorso per Voci Verdiane A. & M. Ziliani, anche perché coltivano nel cuore la speranza di essere prescelti dalla giuria, risale all’autunno del 1984. Al termine della ventiquattresima edizione del Concorso, in giugno, si pensò di riunire i migliori elementi e di prepararli ad affrontare il palcoscenico in un allestimento de «I Lombardi alla Prima Crociata»-che si sarebbe tenuto in dicembre al Teatro Verdi. Questo fu il primo, timido tentativo, ebbe un successo straordinario e così fu deciso di ripetere e di istituzionalizzare l’esperimento (e l’allestimento dell’opera diventava il momento più difficile economicamente ed impegnativo) scegliendo dodici giovani del Concorso del 1985 per farli debuttare nella «Luisa Miller», in piazza, nel luglio dell’anno successivo.

I prescelti del Concorso del 1986 (non necessariamente si tratta dei finalisti o premiati; la giuria o il presidente possono ritenere adatti alla scuola di perfezionamento anche giovani concorrenti che non siano riusciti ad entrare in finale ma che abbiano dimostrato doti vocali ed interpretative degne di essere incoraggiate e affinate) parteciparono nel luglio dello scorso anno al «Rigoletto»—di cui si parlava all’inizio — e alla «Forza del Destino» (rappresentata anche a Ravenna) e i selezionati nel Concorso del 1987 canteranno quest’anno ne «Il Corsaro», in due compagnie ottimamente preparate e perfettamente intercambiabili.

II corso dell’Accademia Verdiana Carlo Bergonzi (questa è oggi la denominazione ufficiale) dura dieci settimane, durante le quali i ragazzi, provenienti da ogni parte del mondo, vivono a Busseto, spesati di tutto, seguendo le lezioni al Teatro Verdi o nel Salone Barezzi o nella Taverna Due Foscari o al Teatro Silvio Pellico. Preparati da diversi maestri, gli allievi si fanno ascoltare ogni tre giorni «a rotazione» da Bergonzi, il quale mette «a fuoco» le loro voci dal punto di vista tecnico ed espressivo, incarica i maestri per le «ripetizioni» e li riascolta per controllarne i progressi. Il programma degli studi prevede, inoltre, dei corsi particolari di regia, di arte scenica, di ginnastica, di respirazione, di storia del teatro per una preparazione completa di chi dovrà affrontare, al meglio delle proprie doti, palcoscenici prestigiosi.

Si capisce facilmente la fama internazionale raggiunta in brevissimo tempo dall’Accademia e il desiderio dei giovani artisti di parteciparvi se si considerano gli esiti lusinghieri che hanno arriso nei primi tre anni al debutto nell’opera in piazza di tanti ragazzi, scritturati subito da vari enti lirici per un inizio brillante di carriera. Ricordiamo, tra i tanti, il tenore Vincenzo La Scola, rivelatesi ne «I Lombardi», che ha sostituito quest’anno Pavarottì ne «L’Elisir».

 


Data di creazione: 09/05/2005
Data di modifica: 09/05/2005
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