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dal "Corriere della Sera"
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L’altra sera a Verona quattordici tenori riuniti nel nome di Beniamino Gigli

Alla «Furtiva lacrima» di Bergonzi l’Arena diventa un mare d’applausi

II pubblico, 15 mila persone, è stato generoso ed ha ottenuto tre bis - Le vecchie e le nuove generazioni alle prese con il problema del «do di petto»

 

di: Mario Pasi

Mercoledì 29 agosto 1990

 

VERONA — Carlo Bergonzi, classe 1924, quasi mezzo secolo di carriera, un maestro ora fra i più apprezzati, il vero tenore all’italiana di buon ceppo parmigiano: ha deciso di lasciare quest’anno le scene e di occuparsi dei giovani con il suo concorso di canto e con l’insegnamento, ma l’altra sera, all’Arena di Verona, ha chiuso trionfalmente la maratona dei tenori riuniti per celebrare il centenario di Beniamino Gigli.

A sessantasei anni è stato il migliore e il più applaudito; certo sarebbe troppo pretendere in ogni passaggio la freschezza e la tensione dei tempi belli, ma che lezione di stile, che bellezza di fraseggio, che qualità espressiva ha la sua voce. La sua «Furtiva lacrima» era da manuale, bellissimo il «Giunto sul passo estremo» dal «Mefistofele» di Boito. E alla fine il pubblico, circa 15 mila persone, un mare di folla, lo ha ringraziato con applausi carichi di affetto.

I suoi tredici colleghi, salvo qualche eccezione di cui si dirà, hanno ancora tanto da imparare. Gigli non sarebbe stato tenero con loro. C’è chi ha bisogno di studiare di più, chi ha difetti di impostazione, chi è a disagio negli acuti, chi non ha stile o sbaglia nella scelta del repertorio. Il pubblico è stato comunque generoso di applausi ma non c’è stato mai vero entusiasmo. Eppure è proprio per il Tenore, nel corso della storia, che si sono fatte follie.

Martinucci e Giacomini, poi, non sono venuti, e si potrebbe continuare nelle recriminazioni su certe assenze. Abbiamo apprezzato più di ogni altro (senza fare graduatorie) Peter Dvorski, Salvatore Fisichella, e Alberto Cupido. Abbiamo trovato interessante la voce ancora un po’ dura dello spagnolo Sempere, apprezzato Ballo e Malagnini, l’esperto Pastine, il grintoso Bonisolli che potrebbe essere un numero uno, lo slancio di Todisco, Tieppo, Scuderi.

La gente ha anche applaudito il russo Solovianenko per il suo fiato ma questo tenore canta come usava cinquanta e più anni fa. Quanto al bulgaro Ivanov è stato particolarmente sfortunato: cantava il «Cielo e mar» dalla «Gioconda» di Ponchielli e un maligno aeroplano gli ha coperto la voce per oltre metà del pezzo.

Ci sono stati soltanto tre bis. Il più giusto riguardava Bergonzi, ed era la già citata pagina del «Mefistofele», quello più incredibile la ripetizione di «O sole mio» da parte di Nunzio Todisco: unica canzone inserita nel programma, non aveva senso che ci fosse, anche se tutti i tenori, Gigli compreso, si sono dilettati a cantarla.

Strana anche la ripetizione in tono della «Pira» dal «Trovatore» di Verdi, cantata con effetti clamorosi da Franco Bonisolli. Molti non erano d’accordo e c’è stata una piccola bagarre con applausi misti a proteste.

Poco tifo, memorie del passato che riaffioravano, consapevolezza dei malanni e della decadenza del melodramma. Correvano i nomi di Schipa, Corelli, Del Monaco, Di Stefano, e i più anziani spettatori non potevano non fare confronti. I più giovani mostravano di accontentarsi: spesso basta la bellezza della musica a salvare una navigazione così incerta. L’orchestra dell’Arena, diretta da Anton Guadagno, accompagnava senza fare atmosfera, piatta e talvolta imprecisa. Onestamente il «concertone» era piuttosto noioso.

Un po’ di ufficialità, omaggi all’Arena da parte della città di Recanati dove Gigli nacque, doni agli artisti, telecamere sparse e breve passerella finale. Daniele Rubboli raccontava la carriera di Gigli con appassionato fervore. E se avessero trasmesso qualche registrazione del celebre e celebrato artista, che cosa sarebbe successo, in questa notte areniana?

 


Data di creazione: 05/04/2005
Data di modifica: 05/04/2005
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