Bibliografia
1997
 
«torna indietro
ti trovi in:
1997

dalla "Gazzetta di Parma"

dalla "Gazzetta di Reggio"

da "Il Giorno"
dalla "Gazzetta di Reggio"

“Requiem” di Verdi, memorabile esecuzione

Carlo Bergonzi un maestro d’arte e di vita

 

di: Umberto Bonafini

Sabato 30 agosto 1997

 

Sarebbe piaciuta a Giuseppe Verdi l’esecuzione del suo Requiem avvenuta l’altra sera a Boretto. La sua musica, sospesa fra il lento scorrere delle acque del fiume e i rimbombi dei tuoni, evocava quella terribilità michelangiolesca che ha sempre caratterizzato l’iconografìa che accompagna questo autentico monumento dell’arte musicale. Lo scoppio del Dies Irae, accompagnato dai furori lampeggianti, dallo scendere inesorabile delle prime gocce di pioggia, hanno conferito all’esecuzione una singolare originalità. E quando, sull’onda delle note del Recordare, la furia degli elementi si è placata siamo piombati in piena atmosfera leopardiana e la melodia verdiana si è dipanata nel suo quieto e meditato periodare, così come lo aveva pensato il suo immenso autore. C’è sempre stato un rapporto diretto fra Verdi e la natura. Il suo stesso «buen retiro» di Sant’Agata ha rappresentato la testimonianza più viva del suo intimo rapporto con quella Padania ideale e romantica che mal sopporta l’oltraggio dello zotico leghista bossiano. Non c’era nulla l’altra sera, sul Po, che evocasse demoniaci riti celtici, né demenziali apostasie. Siamo tornati alle dimensioni naturali della sacralità padana, fatta di invenzioni fantastiche, di meditazioni soprannaturali, di profonda spiritualità.

Certo che al Requiem di Verdi meglio si addice il raccoglimento di una basilica che non gli spazi aperti del Grande Fiume. Ma quando al fondo dello spirito presiede la genialità dell’invenzione, ciascuno di noi si crea quello spazio intimo che favorisce spiritualità e sentita partecipazione. E’ stato così per tutto il tempo dell’esecuzione, dove ogni brano ha trovato esatta collocazione. Il merito di una esecuzione che non ha sofferto più del soffribile della condizione ambientale va equamente diviso fra il Direttore, l’Orchestra, il Coro ed i Solisti.

Romano Gandolfi Verdi ce l’ha nell’anima e, più di tutti, proprio le sue grandi opere corali. Lo avevamo già applaudito in Ghiara dopo l’esecuzione dei «Pezzi Sacri», torniamo ad applaudirlo oggi dopo l’esecuzione di questo Requiem in cui ha saputo sapientemente dosare le esigenze artistiche della partitura con le insolite condizioni ambientali. La Toscanini ha suonato bene, e questo penso sia il più bell’apprezzamento che le si possa fare. Possente e duttile il coro di Parma diretto con la consueta sagacia da Marco Faelli. Trascuriamo per un attimo Carlo Bergonzi che merita un discorso a parte. Ci hanno fortemente impressionato il mezzosoprano Patrizia Patelmo (voce immensa e ben educata) e il basso Un-Boung Ro dalla voce profonda e possente. Per il soprano coreano-bolognese Jeon Soeun Serenelli dobbiamo lodare lo stile, l’intonazione e la partecipazione drammatica. Ci è sembrata un tantino debole come sostanza vocale per una tessitura qual è quella che Verdi le riserva nel Requiem. Infine, primo fra cotanto senno, Carlo Bergonzi.

Sono oramai 50 anni che gli aggettivi si sprecano per questo cantante che non conosce l’usura del tempo e dell’età. Se è vero che le caratteristiche che hanno fatto di Bergonzi il cantante verdiano per eccellenza sono la fonazione, il fraseggio e l’accento esse sono rimaste inalterate. Anzi, col naturale schiarimento della voce, si sono accentuate quelle particolarità tecniche che lo hanno reso unico fra tanti cantanti. Basti un solo esempio: il trillo dell’ Hostias. Fra mille tenori anche di grande nome, nessuno riesce ad appropriarsi del segno d’espressione verdiano come lui. E quello che entusiasma è che queste sue particolarità riesce a trasmetterle a chi gli opera accanto. I tre solisti che lo hanno accompagnato erano tutti allievi della sua Accademia. Un grande artista dunque, un uomo serio e soprattutto un maestro d’arte e di vita. A 73 anni e con quattro by pass cantare un Ingemisco come lo ha cantato lui è roba da annali dell’Arte del Canto. Bergonzi festeggia quest’anno i 50 anni di carriera. Venticinque li ha trascorsi al Metropolitan, per nove anni è stato la stella della Scala, ha cantato con tutti i grandi direttori, con le più importati partner femminili, dalla Callas alla Freni, ma è come se avesse cominciato ieri la carriera. Grazie Carlo e tanti auguri per il tuo cinquantesimo. Non potevi festeggiarlo meglio, col tuo Verdi nel cuore e col tuo Po nell’anima.

 


Data di creazione: 03/04/2005
Data di modifica: 03/04/2005
versione stampabile
    Home | Biografia | Fotogallery | Discografia | Repertorio | Bibliografia | Premi | Accademia Verdiana "Carlo Bergonzi" |

    © copyright 2005 - tutti i diritti riservati -
    web design LTT